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Archivio Testimonianze
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Franco Salamini Testimonianza lasciata da Franco Salamini l'8 settembre 2020 per il progetto "Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti". Di famiglia antifascista e partigiana, Franco Salamini racconta di come fu però con la strage di Piazza Fontana e la morte di Pinelli che si avvicinò effettivamente alla politica e alla militanza attiva, partecipando in primo luogo ai funerali delle vittime. Attraverso il suo ricordo, emerge come il movimento e gli eventi in atto fossero in grado di toccare la sensibilità delle persone più diverse e lontane tra loro, come quella di un suo amico sacerdote, che nel clima pesante del Natale milanese del 1969 spese alcune delle sue prediche per difendere, a suo modo, gli anarchici.
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Massimo Varengo e Mariella Bernardini Testimonianza lasciata da Massimo Varengo e Mariella Bernardini l'11 settembre 2020 per il progetto "Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti". Massimo e Mariella raccontano la propria "storia militante", iniziata in ambito studentesco e continuata poi nel contesto universitario milanese, in particolare al Politecnico e all'Accademia di Brera. Dopo l'assassinio di Pinelli e l'arresto di Pietro Valpreda, ingustamente accusato di aver eseguito la strage di Piazza Fontana, si dedicano con particolare impegno alla campagna per la liberazione di quest'ultimo e alla controinformazione sulla "strage di Stato". Le campagne avranno il loro effetto sull'opinione pubblica e saranno tra i fattori che porteranno alla scarcerazione di Valpreda, se pure in regime di libertà provvisoria, nel 1972. La controinformazione non veniva effettuata solo dai militanti milanesi, ma da una rete anarchica diffusa, di cui vengono ricordati in particolare Antonio Cardella di Palermo, uno dei fondatori del Comitato Politico-Giuridico di Difesa. L'attività controinformativa di Mariella e Massimo proseguirà seguendo altri casi di eclatanti "ingiustizie di Stato" (come quelli di Giovanni Marini e Franco Serantini), strutturandosi nel Comitato Anarchico di Difesa della Federazione Anarchica Italiana.
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Luigi Manconi Testimonianza lasciata da Luigi Manconi il 13 luglio 2020 per il progetto "Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti". Luigi Manconi ripercorre e ricostruisce le prime faticose fasi delle inchieste per la verità sulla strage di Piazza Fontana e sulla morte di Pinelli. Mentre alcune parti del movimento (come alcuni esponenti del Movimento Studentesco) non escludevano la possibilità di un coinvolgimento degli anarchici negli attentati, e quindi recepivano in qualche misura la narrazione ufficiale dei fatti a cui gran parte dei media si era immediatamente allineata, altri, come Lotta Continua (cui Manconi aderiva) e alcuni importanti giornalisti (vengono ricordati Silvana Mazzocchi, Marco Nozza, Guido Nozzoli, Corrado Stajano, Camilla Cederna, Marco Sassano, Marco Fini, Massimo Fini, Piero Scaramucci) si rendevano subito conto delle incongruenze e stonature che essa presentava e si attivavano per indagare il più a fondo possibile. Un altro importante gruppo di persone che si espose contro la "pista anarchica" e per aiutare la famiglia Pinelli fu quello degli assistenti e studenti dell'Università Cattolica vicini all'area dei "cattolici del dissenso" (di cui si ricordano Bruno Manghi, Luigi Ruggiu, Salvatore Natoli, Luisa Muraro, Marino Livolsi, Roberto Moscati) legati a Licia (e Pino) da un rapporto di amicizia personale scaturito dalla sua attività di battere a macchina i manoscritti dei loro testi accademici. Manconi partecipò ai funerali di Giuseppe Pinelli, dove ricorda di aver ascoltato per la prima volta l'ormai celebre canzone "Ballata per l'anarchico Pinelli", intonata da un gruppo di anarchici mantovani (Ugo Zavanella, Giancorrado Barozzi, Dado Mora) che l'avevano composta nell'immediatezza dei fatti. Furono presenti alla tumulazione alcuni importanti intellettuali dell'epoca, come Vittorio Sereni, Franco Fortini, Giorgio Cesarano, Marco Forti, Giovanni Raboni. L'ultima tappa del racconto di Manconi, anche se certo non l'ultima del suo coinvolgimento e impegno nelle campagne di controinformazione per la verità sulla strage e sulla strategia della tensione, è l'incontro con Marco Ligini avvenuto insieme a Piero Scaramucci, da cui scaturirà la collaborazione al libro-inchiesta "La strage di Stato", per il quale scriverà a quattro mani (con Piero) la parte su Giuseppe Pinelli. Il libro, uscito a soli sei mesi dai fatti del dicembre 1969, avrà un successo dirompente presso l'opinione pubblica e la tesi centrale che esso sosteneva, ovvero il diretto coinvolgimento di alcuni settori e apparati dello Stato negli attentati e nel depistaggio delle indagini, troverà dopo molti anni una conferma ufficiale. La strage di Piazza Fontana e la morte di Pinelli, avvenuta mentre si trovava illegalmente in stato di fermo all'interno di una struttura dello Stato, hanno rappresentato per Manconi il momento della "perdita dell'innocenza" per i movimenti del '68-'69; nonostante lo scontro con la vecchia società per il cambiamento presentasse già da entrambe le parti alcuni aspetti di crudezza, egli identifica in quei fatti il momento emblematico della presa di coscienza che quella lotta veniva condotta dal potere al di fuori di qualsiasi limite o mediazione.
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Sergio Casesi e Marco Toro Testimonianza lasciata da Sergio Casesi e Marco Toro il 6 ottobre 2020 per il progetto "Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti". Sergio Casesi e Marco Toro sono stati, insieme a Massimo Marcer e Marco Pellegrino, i promotori della "Catena umana musicale per Giuseppe Pinelli" in occasione del cinquantenario della sua morte, iniziativa che il 14 dicembre 2019 ha portato più di diecimila persone nelle strade di Milano, da Piazza Fontana fino a Piazza Cavour, a ridosso della Questura cittadina. In questo video raccontano come si sono avvicinati alla storia di Pinelli e com'è nata e si è sviluppata l'idea della catena musicale. Il loro intento è stato quello di organizzare un'iniziativa il più possibile aperta, che potesse affermare e ribadire una verità fondamentale sulla tragica fine di Giuseppe Pinelli, una verità storica che non può essere taciuta: Pinelli è morto precipitando da una finestra della questura di Milano mentre era detenuto illegalmente da funzionari dello Stato che dopo averlo diffamato hanno mentito sulla sua fine, attribuendola a un suicidio che anche la verità giudiziaria ha ritenuto non credibile. Per ribadire questa verità storica, i promotori della Catena hanno deciso di utilizzare il linguaggio universale della musica. Casesi e Toro offrono anche le proprie riflessioni a posteriori sull'iniziativa e sulle reazioni che essa ha suscitato.
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Silvano Piccardi Testimonianza lasciata da Silvano Piccardi il 21 settembre 2020 per il progetto "Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti". Nel 1969 Silvano Piccardi militava nel Movimento Studentesco, e al momento dello scoppio della bomba si trovava proprio nella sede di Via Festa del Perdono dell'Università Statale di Milano. In seguito aderì al collettivo "La Comune" di Dario Fo e partecipò alla seconda tournée dello spettacolo "Morte accidentale di un anarchico" nel ruolo del commissario Calabresi. In questa testimonianza, oltre ai propri ricordi, offre anche le proprie riflessioni riguardo l'incupimento del clima politico cittadino in seguito alle bombe e soprattutto riguardo l'opera teatrale di Fo.
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Claudia Cipriani e Niccolò Volpati Testimonianza lasciata da Claudia Cipriani e Niccolò Volpati il 30 ottobre 2020 per il progetto "Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti". Claudia Cipriani e Niccolò Volpati sono gli autori del film "Pino. Vita accidentale di un anarchico", uscito nel 2019 in occasione del cinquantenario della morte di Pinelli. L'idea per la realizzazione del film è venuta loro in seguito alla lettura del libro "Una storia quasi soltanto mia", di Licia Pinelli e Piero Scaramucci; tra le numerose opere dedicate al "ferroviere anarchico" e alla sua morte, poche trattano della sua vita, delle sue idee e battaglie. Accanto all'idea di parlare della vita di Pino Pinelli, c'è anche quella di utilizzare un linguaggio e una prospettiva che possano rendere comprensibile e vicina la sua storia anche a quanti la incontrano per la prima volta e che magari non hanno conoscenze molto estese sul contesto in cui essa si è svolta, quello gli anni Sessanta e dell'inizio della strategia della tensione; per questo motivo, si è scelto di raccontarla dalla prospettiva delle figlie Claudia e Silvia, che nel 1969 avevano otto e nove anni. Il risultato è un film che riesce a comunicare in maniera immediata anche con le giovani generazioni e a trasmettere il senso della memoria e del ricordare Pinelli ancora oggi a cinquant'anni di distanza. Per la realizzazione del film è stato fondamentale l'aiuto di una fitta rete di collaboratori, a partire da musicisti, attori, disegnatori e altri professionisti che hanno messo a disposizione a titolo volontario le proprie competenze, fino ad archivi o persone che hanno messo liberamente a disposizione la documentazione in loro possesso (come ad esempio ha fatto Uliano Lucas con il suo archivio fotografico). Ciò ha permesso di produrre il film in maniera del tutto autofinanziata, coprendo i costi mediante una campagna di crowdfunding.
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Paolo Morando Testimonianza lasciata da Paolo Morando il 6 novembre 2020 per il progetto "Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti". Paolo Morando, giornalista trentino, autore del libro "Prima di Piazza Fontana. La prova generale", pubblicato nel 2019 da Laterza, conosce il concittadino Paolo Faccioli nel 2012, e da questo incontro nasce in lui la volontà di approfondire le vicende antecedenti alla strage di Piazza Fontana, in particolare gli attentati del 25 aprile 1969 a Milano, per i quali Faccioli era stato ingiustamente accusato. In questo video, Morando racconta appunto le ricerche che hanno dato corpo al libro e le conclusioni a cui egli è arrivato. Fin dal 1968, a partire almeno da un attentato fallito alla Rinascente di Milano quasi sconosciuto alle cronache, emerge chiaramente la direzione dell’Ufficio Affari Riservati - servizio di intelligence alle dipendenze del Ministero dell’Interno - nella campagna di attentati dinamitardi messi in atto da elementi afferenti all’area veneta del gruppo neofascista Ordine Nuovo per destabilizzare la vita nel Paese, che culmineranno nella strage di Piazza Fontana. Una delle peculiarità degli attentati del 25 aprile 1969 all’interno di questa escalation è che in quest’occasione verrà mobilitata per la prima volta e in grande stile la macchina mediatica per creare un clima “antianarchico”, operazione che verrà ripetuta qualche mese dopo con Piazza Fontana. Anche gli attori principali saranno i medesimi: il direttore dell’Ufficio Politico della Polizia milanese Antonino Allegra identificherà negli anarchici i responsabili dell’attentato la sera stessa, e affiderà le indagini al commissario Luigi Calabresi. A farne le spese saranno alcuni giovani militanti e simpatizzanti, in particolare Paolo Braschi, Angelo Della Savia, Paolo Faccioli, Giuseppe Norscia e Clara Mazzanti, che dovranno affrontare una lunga carcerazione preventiva e soprattutto il peso gravoso di dodici capi d’imputazione per strage prima di venire scagionati nella primavera del 1971. In un primo momento erano state coinvolte anche le coppie Eliane Vincileoni e Giovanni Corradini – che facevano parte di “Materialismo e libertà” –, e Giangiacomo Feltrinelli e Sibilla Melega, a cui si cercava di addebitare il ruolo di dirigenti della presunta cellula terroristica anarchica che secondo gli inquirenti aveva commesso gli attentati. Tra i molti aspetti di questa complessa vicenda, Morando si sofferma anche sui motivi per cui essa è legata a filo doppio con quella di Pino Pinelli e Pietro Valpreda: ad esempio, il giorno della strage di Piazza Fontana Valpreda si trovava a Milano proprio perché era stato convocato in Tribunale per l’istruttoria del processo sugli attentati del 25 aprile, mentre Pinelli dal momento degli arresti si era trovato a investire gran parte delle proprie energie, tramite la neonata Crocenera Anarchica, per fornire aiuto ai giovani incarcerati e denunciare la strategia in atto contro di loro, e che l’avrebbe poi infine travolto. La tragica fine di Pinelli e la forte campagna di controinformazione da essa innescata, contribuiranno a gettare una diversa luce sulle dichiarazioni delle istituzioni e a disseminare interrogativi sulle modalità con cui erano state svolte le indagini sugli attentati dell’aprile 1969, tanto che durante il processo sarà lo stesso pubblico ministero, Antonino Scopellitti, a “smontare” l’istruttoria preparata dal giudice Antonio Amati.
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Mario Mattia Giorgetti Testimonianza lasciata da Mario Mattia Giorgetti il 5 novembre 2020 per il progetto "Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti". Mario Mattia Giorgetti, attore, regista teatrale, fondatore e direttore della rivista "Sipario", si è avvicinato al mondo anarchico alla fine degli anni sessanta quando venne introdotto da Magda, ragazza con cui aveva intrecciato una relazione, nell'ambiente del circolo "Ponte della Ghisolfa" di Milano. Qui conobbe Giuseppe Pinelli, e si interessò alle attività della Crocenera Anarchica, organizzazione di mutuo soccorso anarchico e controinformazione fondata poco tempo prima da Amedeo Bertolo, Umberto del Grande e da Pinelli stesso. Proprio alla volontà di Giorgetti di sostenere le attività della Crocenera si lega un episodio che egli ricorda in maniera particolare: aveva proposto di dedicare agli anarchici una serata di rappresentazione dello spettacolo teatrale di Boris Vian “I Costruttori di Imperi o lo Schmürz” e devolvere l’incasso alla Crocenera. La serata non andrà purtroppo secondo le previsioni a causa delle condizioni metereologiche particolarmente avverse, ma anche in questo momento di delusione Pinelli dimostrò tutta l’umanità e la serietà che lo contraddistingueva. Qualche giorno dopo scoppieranno le bombe in Piazza Fontana e Pinelli precipiterà dal quarto piano della Questura. Giorgetti continuerà a essere vicino e solidale al movimento anarchico, tornando tra le altre cose a parlare di Giuseppe Pinelli con una performance teatrale realizzata insieme a Enrico Baj e al Centro Studi Libertari nel 1986, dal titolo “Re Ubu a Chernobyl. Da Pinelli all’Apocalisse”. I rapporti con gli anarchici lo porteranno anche a conoscenza della vicenda di Sacco e Vanzetti, e si impegnerà fortemente nella campagna per il riconoscimento della loro innocenza.
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Franco Pavese Testimonianza lasciata da Franco Pavese il 25 settembre 2020 per il progetto "Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti". Intorno alla metà degli anni Sessanta Franco Pavese si trova a Savona, dove si avvicina al mondo anarchico grazie a una bacheca pubblica dove Umberto Marzocchi era solito affiggere una copia del giornale "Umanità Nova". Sarà Marzocchi a dare a Pavese, e al gruppo di giovani interessati come lui all'idea anarchica, il contatto di Franco Leggio, storico editore e propagandista ragusano, e del circolo "Sacco e Vanzetti" di Milano. Pavese assume l’incarico di recarsi periodicamente al circolo milanese per farsi consegnare libri e materiale di propaganda per proseguire l’attività militante a Savona, e qui conosce Pinelli, che ogni volta si preoccupa, oltre ai materiali, di offrirgli vitto e ristoro. Il gruppo di Savona stringe legami più stretti con il gruppo di Pinelli (Gioventù Libertaria) e aderisce alla federazione da esso promossa, i GGAF (Gruppi Giovanili Anarchici Federati), partecipando a diverse iniziative tra cui la Conferenza Europea della Gioventù Anarchica, organizzata dai GGAF a Milano per il Natale 1966 con l’adesione di svariati gruppi italiani ed europei. Dopo questo momento, Pavese e il suo gruppo inizieranno a stringere contatti con molte correnti eterodosse della critica radicale, tra cui i Situazionisti, allo scopo di tradurre, diffondere e commentare le loro idee. Viene ricordata in particolare la collaborazione con Luigi Lo Celso e il suo impegno per la traduzione italiana della rivista dell’Internazionale Situazionista. Nel frattempo, i savonesi si allontaneranno dai GGAF per avvicinarsi alla formazione giovanile della Federazione Anarchica Italiana, la FAGI (Federazione Anarchica Giovanile Italiana). La strage di Piazza Fontana segnerà per Franco Pavese una presa di distanza dall’attività militante, anche per il clima venutosi a creare nella sua città, ma manterrà sempre un’estrema vicinanza al ricordo di Giuseppe Pinelli.
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Ugo Zavanella Testimonianza lasciata da Ugo Zavanella il 9 novembre 2020 per il progetto "Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti". Ugo Zavanella, anarchico mantovano, è stato tra gli autori della celebre "Ballata dell’anarchico Pinelli", insieme a Flavio Lazzarini, Dado Mora e Giancorrado Barozzi. In questo video egli racconta la genesi della “Ballata”, pensata come strumento di controinformazione contro la pesante campagna mediatica che si stava scatenando contro gli anarchici all’indomani della strage di Piazza Fontana, additati come responsabili dell’attentato e dipinti come personaggi sanguinari e grotteschi, Pietro Valpreda in primis. La sera dopo i funerali di Pino Pinelli, a cui Zavanella e Lazzarini avevano partecipato di persona, i quattro si trovarono perciò al circolo “Gaetano Bresci” di Mantova e diedero origine alla prima stesura della canzone sulle note de “Il feroce monarchico Bava”, canto anarchico di fine Ottocento che ricordava i moti del pane del 1898 a Milano, “sedati” a colpi di cannone dal generale Bava Beccaris. La “Ballata” riscosse successo negli ambienti di sinistra mantovani – che pure in un primo momento avevano in parte ceduto al clima di sospetto verso gli anarchici – e si diffuse velocemente nel resto del Paese, accompagnando i volantini, le inchieste e tutte le iniziative che riusciranno poi ad affermare la verità che Pinelli non si era suicidato, che Valpreda era innocente e che la strage era di Stato.
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Michele Achili Testimonianza lasciata da Michele Achilli il 28 dicembre 2021 per il progetto "Giuseppe Pinelli: Una storia soltanto nostra, una storia di tutti", raccolta insieme a Nicola Del Corno. In un dialogo con Nicola Del Corno, Michele Achilli, all'epoca deputato del Partito Socialista, racconta dei suoi legami con il circolo anarchico "Sacco e Vanzetti" di viale Murillo, che in quegli anni forniva al suo gruppo una sede in cui riunirsi, oltre che dei rapporti con gli anarchici e dell'immediata presa di posizione contro la tesi che li voleva responsabili degli attentati, all'indomani della strage di piazza Fontana. In particolare, aiutò i membri della sezione Ticinese del Partito Socialista milanese a coordinare una raccolta di sottoscrizioni per la famiglia di Giuseppe Pinelli, in seguito al suo assassinio.