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Sottosanti, Nino
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Paolo Morando
Testimonianza lasciata da Paolo Morando il 6 novembre 2020 per il progetto "Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti". Paolo Morando, giornalista trentino, autore del libro "Prima di Piazza Fontana. La prova generale", pubblicato nel 2019 da Laterza, conosce il concittadino Paolo Faccioli nel 2012, e da questo incontro nasce in lui la volontà di approfondire le vicende antecedenti alla strage di Piazza Fontana, in particolare gli attentati del 25 aprile 1969 a Milano, per i quali Faccioli era stato ingiustamente accusato. In questo video, Morando racconta appunto le ricerche che hanno dato corpo al libro e le conclusioni a cui egli è arrivato. Fin dal 1968, a partire almeno da un attentato fallito alla Rinascente di Milano quasi sconosciuto alle cronache, emerge chiaramente la direzione dell’Ufficio Affari Riservati - servizio di intelligence alle dipendenze del Ministero dell’Interno - nella campagna di attentati dinamitardi messi in atto da elementi afferenti all’area veneta del gruppo neofascista Ordine Nuovo per destabilizzare la vita nel Paese, che culmineranno nella strage di Piazza Fontana. Una delle peculiarità degli attentati del 25 aprile 1969 all’interno di questa escalation è che in quest’occasione verrà mobilitata per la prima volta e in grande stile la macchina mediatica per creare un clima “antianarchico”, operazione che verrà ripetuta qualche mese dopo con Piazza Fontana. Anche gli attori principali saranno i medesimi: il direttore dell’Ufficio Politico della Polizia milanese Antonino Allegra identificherà negli anarchici i responsabili dell’attentato la sera stessa, e affiderà le indagini al commissario Luigi Calabresi. A farne le spese saranno alcuni giovani militanti e simpatizzanti, in particolare Paolo Braschi, Angelo Della Savia, Paolo Faccioli, Giuseppe Norscia e Clara Mazzanti, che dovranno affrontare una lunga carcerazione preventiva e soprattutto il peso gravoso di dodici capi d’imputazione per strage prima di venire scagionati nella primavera del 1971. In un primo momento erano state coinvolte anche le coppie Eliane Vincileoni e Giovanni Corradini – che facevano parte di “Materialismo e libertà” –, e Giangiacomo Feltrinelli e Sibilla Melega, a cui si cercava di addebitare il ruolo di dirigenti della presunta cellula terroristica anarchica che secondo gli inquirenti aveva commesso gli attentati. Tra i molti aspetti di questa complessa vicenda, Morando si sofferma anche sui motivi per cui essa è legata a filo doppio con quella di Pino Pinelli e Pietro Valpreda: ad esempio, il giorno della strage di Piazza Fontana Valpreda si trovava a Milano proprio perché era stato convocato in Tribunale per l’istruttoria del processo sugli attentati del 25 aprile, mentre Pinelli dal momento degli arresti si era trovato a investire gran parte delle proprie energie, tramite la neonata Crocenera Anarchica, per fornire aiuto ai giovani incarcerati e denunciare la strategia in atto contro di loro, e che l’avrebbe poi infine travolto. La tragica fine di Pinelli e la forte campagna di controinformazione da essa innescata, contribuiranno a gettare una diversa luce sulle dichiarazioni delle istituzioni e a disseminare interrogativi sulle modalità con cui erano state svolte le indagini sugli attentati dell’aprile 1969, tanto che durante il processo sarà lo stesso pubblico ministero, Antonino Scopellitti, a “smontare” l’istruttoria preparata dal giudice Antonio Amati. -
La Squadra 54: i «depistatori di Stato» all'opera nella Milano di piazza Fontana
Ritaglio stampa dal «Corriere della Sera» del 18 marzo 1998. Articolo sulla cosiddetta "Squadra 54", composta da quattro agenti dell'Ufficio Affari Riservati (tra cui Alduzzi e Russomanno), con il compito di depistare le indagini sulla strage di Piazza Fontana avvallando la "pista anarchica". Al momento della morte di Pinelli questi agenti si trovavano nella Questura di Milano, ma la loro presenza verrà resa nota solo con il ritrovamento delle carte dell'Ufficio Affari Riservati alla metà degli anni Novanta. -
Interrogato per 11 ore
Ritaglio stampa da «Avvenire» del 29 febbraio 1972. -
Fabio Stoppani
Testimonianza lasciata da Fabio Stoppani il 4 luglio 2019 per il progetto "Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti". Stoppani racconta di Pinelli attraverso i ricordi del padre Pietro. Cominciarono a frequentarsi nel quadro dell'obiezione di coscienza alla leva militare, tematica trasversale al mondo anarchico, pacifista e anche cattolico, che portava a un intreccio di relazioni tra personalità diverse, tra cui Giuseppe Gozzini, Giorgio Viola, Ivo Della Savia. A questo si aggiunse il comune impegno contro gli armamenti nucleari e l’appoggio ai Provos e ai giovani di Mondo Beat. Stoppani ripercorre gli eventi che hanno maggiormente segnato il rapporto d'amicizia del padre con Pino Pinelli (quest'ultimo gli confidò che qualcuno cercava di sabotare il suo lavoro in ferrovia per accusarlo di manomissioni e attentati) o la gestione non facile di un capanno rurale a Cunardo (frequentato anche da Pino) che verrà citato nel corso dei processi per gli attentati del 25 aprile 1969 e per la strage di Piazza Fontana. Fabio Stoppani conclude la testimonianza con propri ricordi personali, legati alla partecipazione ai funerali di Pinelli il 20 dicembre 1969 e soprattutto al corteo indetto dagli anarchici il 12 dicembre 1970, primo anniversario della strage di Piazza Fontana, per affermare l’innocenza di Pinelli, Valpreda e degli altri anarchici accusati della strage. Stoppani militava con Saverio Saltarelli in Rivoluzione Comunista (comunisti internazionalisti) che appoggiò gli anarchici nella loro manifestazione. Nel corso degli scontri che seguirono alle cariche immotivate di polizia e carabinieri, perse la vita Saltarelli, colpito a morte da un lacrimogeno lanciato ad altezza uomo. Gli eventi di quel 12 dicembre 1970 avvennero pochi giorni dopo il tentato golpe di Valerio Junio Borghese (7-8 dicembre) che venne tenuto segreto (il pubblico ne sarà messo a conoscenza solo alcuni mesi dopo) e ne furono la diretta conseguenza: l’insieme dei partiti parlamentari, nel silenziare e reprimere la più che legittima protesta anarchica vollero dimostrare ai sostenitori del “partito del golpe” di “sapere controllare la piazza”, come e meglio dei golpisti stessi. -
Un colpo d'acceleratore all'inchiesta su Pinelli
Ritaglio stampa da "Avanti!" del 9 aprile 1970